Al liceo per raccontare la bellezza della professione

Da una parte medici e odontoiatri a raccontare la passione e la bellezza della professione che svolgono, senza però nascondere le insidie e le difficoltà che si ritrovano ad affrontare ogni giorno. Dall’altra i liceali di quinta, silenziosi e attenti, che tra poco, dopo la maturità, dovranno scegliere il loro futuro. E se, come pare, per alcuni di loro il sogno nel cassetto è proprio quello di indossare il camice bianco, meglio cominciare a darsi subito da fare.
Venerdì 15 novembre l’OMCeO veneziano, guidato dal segretario Luca Barbacane, è stato ospite – tradizione che si ripete ormai da qualche anno – del Liceo Majorana Corner di Mirano per illustrare agli studenti il lungo e faticoso cammino che potrebbe portarli a essere i medici e i dentisti di domani. A maggior ragione ora che proprio questo istituto è stato selezionato per attivare il percorso di potenziamento-orientamento “Biologia con curvatura biomedica” come da protocollo d’intesa siglato tra MIUR e FNOMCeO.

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Il pomeriggio si è aperto con la proiezione del videoclip La cura di te #noiconvoi realizzato tre anni fa proprio dalla Federazione nazionale degli Ordini, in occasione della Conferenza Nazionale di Rimini, sulle note della canzone di Franco Battiato.
Poi, sempre in video, è arrivato il saluto del presidente dell’Ordine e vice nazionale Giovanni Leoni, in camice bianco, in quel momento impegnato in ospedale. «Oggi siamo con voi – ha detto ai ragazzi – per darvi un’idea della nostra professione e per trasmettervi qualche segreto che è utile conoscere se ci si vuole imbarcare in quella che è la più lunga disciplina per quello che riguarda il corso di studi e di specializzazione».

Ad aprire il giro delle testimonianze concrete sono stati gli odontoiatri: Andrea Zornetta, consigliere dell’Ordine e componente della CAO lagunare, e Luca Donolato, che fa parte della Commissione Giovani dell’Albo Odontoiatri, hanno spiegato ai ragazzi come sì il percorso sia lungo e faticoso, ma anche come l’età media dei dentisti sia oggi molto alta, come il tasso di disoccupazione dei laureati in odontoiatra sia prossimo allo zero e quanto bisogno ci sarà in futuro proprio di questi specialisti.
«Ricordatevi sempre – hanno aggiunto – che fare il dentista significa innanzitutto essere un medico a 360 gradi: il dentista deve gestire tanti aspetti della medicina, in ambulatorio può succedere di tutto. Il paziente può sentirsi male e tu devi sapere cosa fare: devi curare tenendo presenti tutti gli aspetti della salute di quella persona». Alla fine anche un consiglio agli studenti: «Se volete capire davvero come funziona, andate da un dentista e chiedetegli di poter frequentare lo studio qualche volta alla settimana».

«Io sono il frutto – ha esordito sorridendo il chirurgo Corrado Da Lio – di una serie di consigli negativi rispetto alla professione. Nel senso che nessuno mi ha incoraggiato ad intraprenderla e men che meno ad abbracciare la chirurgia». Lui, però, testardo, ha proseguito perché era proprio quella la disciplina che gli consentiva di lavorare con le mani, cosa che gli piaceva molto, di avere un rapporto diretto con le persone e di vedere subito i risultati.
«Io, però – ha anche aggiunto – ormai da anni non porto più l’orologio: un intervento chirurgico non sai mai davvero quanto può durare e non puoi star lì a guardare l’ora. La passione va oltre il tempo che dedichi al lavoro. E sono proprio la passione e la dedizione che dovrebbero muovervi a questa professione: la vostra dedizione è ciò che serve al paziente».
Scherzando su quanto la natura dei chirurghi appaia geneticamente modificata, considerata la loro elevata resistenza fisica, mentale e psicologica, è stata poi sottolineata anche l’importanza del lavoro di squadra in una sala operatoria – «il chirurgo non agisce mai da solo, ci sono almeno altre 5 persone con lui», ha detto Da Lio – e in un reparto ospedaliero, che si trasforma in una specie di comunità. «Ci vogliono – ha concluso – impegno e umanità sia con i colleghi, sia con i pazienti».

Alla dottoressa Benedetta Disarò, attiva nella Medicina di Gruppo di Martellago, il compito, invece, di spiegare cosa faccia davvero un medico di famiglia. «Non fa solo ricette tutto il giorno – ha sottolineato – come può sembrare. I pazienti entrano in qualche modo a far parte della nostra vita. Bisogna dare le buone notizie, ma anche quelle brutte. La nostra peculiarità è entrare dentro le case, dentro le famiglie. Da un punto di vista emotivo è un peso, bello e romantico, ma anche difficile da sostenere. Ogni giorno che passa l’abito del medico di base ti si incolla addosso sempre di più».
Ad aiutare anche in questo caso l’esperienza della medicina di gruppo integrata, che mette insieme negli ambulatori più medici, infermieri e personale di segreteria. «Anche noi – ha aggiunto il dottor Barbacane, che fa parte della stessa medicina di gruppo – non lavoriamo più isolati, ma in équipe. Il nostro è un mondo da scoprire: il medico di famiglia non deve sapere per forza tutto, ci vogliono modestia e tanta voglia di imparare. Siamo più fortunati perché abbiamo un rapporto di continuità con i nostri pazienti, spesso anche con le loro famiglie. Tocchiamo l’umanità delle persone».
Si diventi odontoiatri, dunque, medici ospedalieri o di medicina generale il messaggio è sempre lo stesso: la professione si impadronisce di te, ma se ti lasci prendere, le gratificazioni sono enormi.

Nell’ultima parte del pomeriggio si è entrati nel vivo del percorso di studi che i ragazzi dovranno intraprendere se mai decideranno di infilarsi il camice bianco. Per prima cosa i liceali hanno ascoltato il racconto di due coetanei: Marco Trombetta, via video, che ha provato e superato l’esame di ammissione solo poche settimane fa, ha consigliato ai ragazzi di iniziare subito a prepararsi, fin da febbraio, studiando la teoria, ma facendo anche tanti quiz, «dato che – ha raccontato – la prova è di tipo anglosassone: i quiz hanno schemi ricorrenti, ci sono trabocchetti e soluzioni da trovare. Potete anche aderire ad alcune iniziative che ci sono, ad esempio, a Padova, in cui professori e studenti propongono delle simulazioni». Ultimo consiglio: non sottovalutare l’ansia e imparare a gestirla.
Giulia Cecchet, invece, ex studentessa proprio del Majorana, ha fatto una panoramica sul suo primo anno e mezzo di studi di medicina all’Università di Udine, dove le classi sono un po’ più piccole ed è possibile avere sempre un contatto diretto sia con i docenti, sia con i colleghi. Importante cominciare a studiare un po’ alla volta, mentre si seguono le lezioni. Stare al passo, insomma, perché fare tutto alla fine può risultare complicato.
A chiudere l’incontro è stato il medico legale Rafi El Mazloum che ha illustrato il test d’ingresso a medicina, chiarito come vada preparato, quali strategie attuare. «A quel punto – ha detto però sorridendo e conquistando col suo modo di fare i ragazzi – pensate di aver finito, ce l’avete fatta. E invece no: quando entri il peggio è solo iniziato. Poi ci sono, se tutto va bene, 6 anni di studio, 3 di pre-clinica e 3 di clinica. Poi ti laurei e ti abiliti: sono finalmente arrivato. Ancora no: ora arrivano la specializzazione o la scelta della medicina generale. Altri 4 o 5 anni, se entri subito e tutto va bene. Ci vuole passione, tanta passione: chi non ce l’ha si perde prima per strada».
Da Giulia, però, per chiudere l’incontro, anche un messaggio rassicurante: «Studiare medicina – ha detto ai suoi coetanei – non significa annullarsi totalmente. C’è tempo per uscire, per lo sport, per gli amici, per divertirsi. Ma non ce n’è tanto, quindi la cosa più importante è sapersi organizzare».

Passione, dunque, volontà di ferro, motivazioni forti e tanta curiosità: questi i requisiti fondamentali per chi si vuole avvicinare agli studi di medicina e odontoiatria. Quello che si è cercato di trasmettere durante questo pomeriggio è che indossare un camice bianco, qualsiasi camice bianco, è come rispondere a una vocazione, a una missione. «Qualcuno ha detto – ha concluso Luca Barbacane – che la medicina è la più scientifica tra le discipline umanistiche e la più umanistica tra quelle scientifiche. La parola vocazione si incarna nel nostro mestiere, l’avete capito: c’è qualcosa di speciale, abbiamo la fortuna di “servire” gli altri. È una professione fatta di scienza e di umanità». La sfida, allora, è coltivare la scienza alla massima espressione di questa umanità.

Chiara Semenzato, collaboratrice giornalistica OMCeO Venezia

Segreteria OMCeO Ve
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